100 anni fa nasceva Don Milani: il suo messaggio "I CARE" per una scuola diversa e inclusiva
Santo, eroe, rivoluzionario, iniziatore di una scuola veramente democratica, o all’opposto illuso visionario, istigatore ribelle, aristocratico, iniziatore del declino della scuola italiana. Queste alcune delle definizioni più comuni che si sentono sul conto di Don Milani.
Diventato famoso per il libro collettivo “Lettera a una professoressa” e per “L’obbedienza non è più una virtù”, ha scritto diversi altri interessantissimi testi forse ancora poco conosciuti dai più.
La scuola di Barbiana (nell’omonima frazione del comune di Vicchio – FI) era un'istituzione inclusiva, democratica, creata non per selezionare, ma per far arrivare, tramite un insegnamento personalizzato, tutti gli alunni a un livello minimo d'istruzione garantendo l'eguaglianza rimuovendo le differenze che derivano da storia personale, censo e condizione sociale (molto costituzionale!).
In questo articolo riprendiamo alcuni degli elementi pedagogico-didattici sempre attuali, forse più ancora oggi.
Precursore della Scuola a Tempo Pieno
Guardando all’esperienza di Barbiana non si pensi ad un prete isolato e un po’ sprovveduto che improvvisa una “scuoletta di campagna”. Don Milani conosceva e proseguiva, integrandolo, il lavoro di molti pedagogisti ed educatori moderni. Agli occhi odierni questa scuola può apparire come una realtà eccessivamente totalizzante, va però contestualizzata nel “vuoto” assoluto di scuola, soprattutto per i suoi primi allievi persi invece in un “pieno” alienante di lavoro nei campi e nei boschi, al quale quella esperienza scolastica si opponeva (così, mi pare, vada letta la famosa frase di un allievo: “La scuola è sempre meglio della merda!”).
Non solo un tempo pieno, anzi pienissimo, ante litteram per il suo orario e calendario, ma anche per i contenuti, la metodologia inclusiva e partecipativa, con l’attenzione alla persona sintetizzata nel famoso “I care” e gli strumenti utilizzati.
La scelta dei contenuti
I contenuti non erano prestabiliti da un programma astratto e preconfezionato, ma emergevano dal lavoro e dalle esigenze di comprensione di problematiche nuove.
- La lettura dei quotidiani per cercare gli spunti per partire con possibili itinerari di conoscenza, da cui un’impostazione di carattere geo-storico e sociale di tutto il processo di insegnamento-apprendimento.
- La ricerca della concretezza per i fatti e il riconoscimento, accanto all’esperienza, delle “teorie” per una loro spiegazione.
- L’approfondimento non come scelta eventuale e successiva, ma doveroso nonché indispensabile per la comprensione.
Tutto ciò, in qualche modo, mi ricorda la ricerca come sperimentata nel migliore Tempo Pieno, grazie anche alla guida di pedagogisti come De Bartolomeis, e la “ricerca d’ambiente” in particolare, che proprio in quegli anni cominciava a diffondersi in Italia grazie al Movimento di Cooperazione Educativa (MCE) .
La metodologia inclusiva
Nella dura scuola di Barbiana c’è stato posto per tutti, ciascuno aveva un suo posto (non nel senso del banco!). “Più che un metodo, il priore di Barbiana si poneva il problema dei ragazzi che aveva di fronte, che erano uno diverso dall’altro: non puoi elaborare uno schema unico, ma devi acquisire la responsabilità dello sguardo altrui.” ( Eraldo Affinati, “Qual è il sogno di un’altra scuola di Don Milani?” - www.vita.it – 2017)
A tutti veniva proposta la ricerca di un’utilità “alta” delle cose apprese, utili per farsi sentire anche come collettività. L’ ”I care” di Don Milani, “Mi interessa, ho a cuore” in contrapposizione al "Me ne frego" fascista, riguardava ogni singolo ragazzo e ragazza, la sua comunità e si allargava al mondo intero.
Gli strumenti utilizzati
Alcuni punti possono aiutare la riflessione sulla scuola anche oggi:
- la ricerca su testi diversi;
- l’imparare facendo;
- gli incontri con “esperti” preparati in modo che i ragazzi potessero confrontarsi sul loro terreno;
- gli scambi epistolari, non troppo dissimili dalla corrispondenza scolastica;
- l’aiuto tra ragazzi per cui chi sapeva di più aiutava e sosteneva chi sapeva di meno, oggi si parlerebbe di Peer o Tutor Education;
- la scrittura collettiva, da cui è nato anche il libro “Lettera a una professoressa” («Noi dunque si fa così: per prima cosa ognuno tiene in tasca un notes. Ogni volta che gli viene un'idea ne prende appunto... Un giorno si mettono insieme tutti i foglietti su un grande tavolo... si riuniscono i foglietti imparentati in grandi monti e son capitoli. Ogni capitolo si divide in monticini e son paragrafi... Qualche paragrafo sparisce, qualcuno diventa due. Coi nomi dei paragrafi si discute l'ordine logico finché nasce uno schema... Comincia la gara a chi scopre parole da legare, aggettivi di troppo, ripetizioni, bugie, parole difficili, frasi troppo lunghe, due concetti in una frase sola... Si chiama un estraneo dopo l'altro. Si bada che non siano stati troppo a scuola. Gli si fa leggere a alta voce. Si guarda se hanno inteso quello che volevamo dire. Si accettano i loro consigli purché siano per la chiarezza. Si rifiutano i consigli di prudenza.» - Lettera a una professoressa, 1967).
- il rifiuto dei voti;
- la cura delle relazioni e della partecipazione, con le discussioni collettive per esempio, accanto alla cura tout court (si ricordi quanto fu dirompente che una scuola si auto - costruisse una piscina);
- l’attenzione allo studio delle lingue straniere;
- l’organizzazione dei viaggi dei ragazzi.
Molti di questi elementi stavano emergendo e sono diventati fattori importanti delle proposte pedagogico-didattiche più avanzate nelle scuole del nostro Paese, soprattutto in quelle a Tempo Pieno.
Coerenza politica e polemiche
Qui si può fare solo un accenno, in linea con le riflessioni proposte, alla coerenza in campo religioso e politico di Don Milani che così scriveva “Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia”. Questa coerenza ci aiuta a comprendere meglio anche la sua proposta pedagogica. I suoi scritti scatenarono aspre polemiche ben prima della famosa “Lettera”, polemiche che coinvolsero la Chiesa cattolica, gli intellettuali e i politici dell'epoca. Un decreto del Sant'Uffizio proibì la stampa e diffusione del suo libro "Esperienze Pastorali" .
Il suo sostegno all'obiezione di coscienza opposta al servizio militare, (allora obbligatorio in Italia) e la sua lettera ai cappellani militari, lo condussero a processo per apologia di reato.
Il suo testo "L'obbedienza non è più una virtù" scatenò asprissime polemiche, d’altra parte don Milani aveva il coraggio di scrivere che era necessario: “Avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l'obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né davanti agli uomini né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l'unico responsabile di tutto.”
L’eredità lasciata da Don Milani continua a stimolare e interrogare chiunque si occupi di scuola ed educazione.
Anche nel progetto Fuoriclasse in Movimento, la rete di scuole contro la dispersione scolastica promossa da Save the Children, si possono trovare elementi che richiamano alla sua pedagogia, adattati con la necessaria modernizzazione, ma sempre con lo stesso spirito e concreta attenzione metodologica ed umana.
Filippo Furioso
Continua ad approfondire:
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